Novembre duemilaventidue, inizia la mia avventura in Open Gate. Dopo un mese, faccio un primo bilancio e non posso non pensare a quanto siano cambiate le abitudini lavorative

Ad inizio giornata Google Calendar mi ricorda gli appuntamenti in programma, intorno alle dieci mi collego al mio primo (di tanti!) Meet. 

Svolgo le mie attività quotidiane: scrivo post, creo illustrazioni, pianifico la newsletter aziendale… Tutto questo, lo faccio nel comodo e accogliente salotto di casa mia.

Ad alcuni di voi, memori delle interminabili settimane passate tra ufficio, riunioni e traffico meneghino, questo sembrerà un sogno. Altri potrebbero intravederci la trama perfetta per un episodio di black mirror. Ad altri ancora sembrerà di riconoscere la loro quotidianità. Di qualsiasi parere voi siate, questo è il mondo del lavoro oggi.

Nel dare il mio punto di vista, devo però tenere in considerazione un aspetto importante della politica della mia azienda: la famiglia Open Gate dedica alle attività di condivisione molta cura. 

Lavorando ognuno da casa propria rischiamo di perderci, di non sentire più quel senso consolante di appartenenza.

Oltre ad attività di ritrovo nelle ore extra-lavorative, come le gare di go-kart, le cene aziendali, i weekend alle terme o al mare… ci piace ritrovarci in ufficio un paio di volte alla settimana. Questo favorisce il dialogo tra colleghi, crea il pretesto per la proliferazione di nuove idee, che sorgono spontanee davanti a tutte le bontà che l’angolo bar dell’ufficio ha da offrire (il mio primo giorno in ufficio non ho esitato a fare colazione con un ottimo tè oolong Taiwanese che, devo ammettere, mi ha dato la giusta carica per il resto della giornata).

Inizio però a dubitare che il vero motivo per cui frequentiamo così volentieri l’ufficio sia davvero legato esclusivamente a motivi “lavorativi”.

Infatti, a tutto quanto descritto sopra, si aggiunge quella che definirò come “fortuna dello stagista”: con questo faccio riferimento alla mitica game arcade vintage datata anni Sessanta posizionata tra il biliardino e l’accesso al terrazzo. Che voi siate stati grandi fan di Mortal Kombat II oppure abbiate optato per un’alternativa meno cruenta (si fa per dire!) come Metal Slug, poco importa. In quel cabinato c’è un paradiso vintage di giochi!

Io personalmente poi, mi ostino a cercare Pacman e guardare tutorial di videogame vintage su YouTube (ecco che ancora una volta faccio affidamento a Google!). Magari un giorno riuscirò a capire quello che dicono i miei colleghi gamer. Fino ad allora, funziono benissimo come arbitro durante le interminabili partite a biliardino in pausa caffè .